Nel cuore del subappennino dauno, tra i Comuni di Volturino, Motta Montecorvino e Pietramontecorvino, sorge uno dei luoghi più suggestivi e misteriosi della provincia di Foggia: la Sedia del Diavolo. Conosciuta anche come il “Faro dei Monti Dauni” o la “Torre di Montecorvino”, questa antica torre normanna del XI secolo non è solo un rudere, ma un affascinante punto di riferimento che racconta secoli di storia, leggende e tradizioni popolari. La Sedia del Diavolo, con i suoi 24 metri di altezza sulla parete nord, è il simbolo di un passato lontano, ma ancora vivo nella memoria del territorio. La torre fu costruita dai Normanni nel XI secolo e, nonostante il suo stato attuale di rovina, conserva la maestosità che la rende ancora oggi un ottimo punto di osservazione sulla vallata circostante. Durante l’epoca federiciana, infatti, questo luogo era utilizzato come avamposto strategico per il controllo della zona.
Nonostante il passare dei secoli, la Sedia del Diavolo conserva ancora oggi tracce preziose del suo passato. Recenti scavi condotti dall’Università di Foggia hanno infatti portato alla luce una zona archeologica di rilevante importanza. Tra i ritrovamenti più significativi ci sono i resti di una cinta muraria che una volta circondava la cittadella di Montecorvino, insieme a reperti che testimoniano l’esistenza di un antico insediamento. In particolare, è stato identificato l’antico sito della cattedrale che ospitò San Alberto, con la scoperta di una seconda torretta, una piccola chiesa signorile e diverse sepolture. Questo ritrovamento arricchisce ulteriormente il fascino del luogo, che si offre come una finestra sul passato di questa parte della Daunia.
Oggi la Sedia del Diavolo è anche un luogo di profonda devozione religiosa. Ogni anno, infatti, si svolge una tradizionale processione in onore di Sant’Alberto, che parte da Pietra Montecorvino e percorre un tragitto di sette chilometri fino alla torre. Questa processione ha radici in una leggenda che narra di come, in passato, un periodo di grave siccità che minacciava l’agricoltura locale si interruppe proprio grazie alla preghiera del popolo durante la processione, portando la tanto attesa pioggia. Da quel momento, il pellegrinaggio si è ripetuto ogni anno, con i fedeli che celebrano il santo patrono al suono di colorati “Palij“, tradizionali stendardi che accompagnano il cammino.
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